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SULLA STRADA
(ON THE ROAD)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 23 ottobre 2012
 
di Walter Salles con Kristen Stewart, Garrett Hedlund, Kirsten Dunst, Sam Riley, Viggo Mortensen, Steve Buscemi (Stati Uniti, 2012)
 
La madre di tutte le road movie, il padre della controcultura. Ha segnato generazioni Sulla strada, il libro del quale Francis Ford Coppola deteneva i diritti e che da ormai 40 anni in tanti (da Marlon Brando a Gus Van Sant) avevano rinunciato a girare. Di certo, non a caso. Per la difficoltà implicita nel tradurre in immagini quel genere di parola, quella progressione tutta ritmica e cosi poco aneddotica; e, più ancora, per non arrischiare di tradire pesi epocali, rinvii comportamentali come quelli dell'icona Jack Kerouac, o dei suoi personaggi beat, da Sal a Dean Moriarty, a Marylou.

L'operazione è finita infine nelle mani dell'impavido Walter Salles, autore di opere anche simpatiche ma non di certo dal segno indelebile, come CENTRAL DO BRASIL o I DIARI DELLA MOTOCICLETTA; preparata con ponderatezza, ma dalla quale era prevedibile nascesse qualcosa agli antipodi di quel mix di rabbia, sangue e delirio contenuto nei famosi 36 metri di rotolo da carta da telex, riempiti in 3 settimane nel 1951, per infine essere pubblicati nel 1957.

Sfila, in un film paradossalmente statico, non tanto l'itinerario mentale di Kerouac e del suo amico Cassidy, la fuga, l'ansia di libertà: e quindi, non l'inventiva di uno sguardo registico, ma il paesaggio cosi spesso sfruttato dalle road-movie, l'infilata dei campi coltivati, la parata delle auto d'epoca, gli inevitabile richiami alla pittura di Edward Hopper, l'agitazione degli attori (lodevolmente applicati) in preda alle varie eccitazioni, sogni e slanci mistici, estasi chimiche e sessuali. Ma, a parte il fatto che nel frattempo ne abbiamo viste di ben altre, tutto rimane nella penna, in questo caso nell'obiettivo. E cosi i Burroughs, i Ginsberg che fanno da contorno, cosi quell'angelo maledetto terribilmente edulcorato che dovrebbe reincarnare tutta la carica trasgressiva della beat generation, il rimando che ristagna sullo sfondo alla letteratura somma dei Rimabud, Proust e Céline.

Solo la colonna sonora, questa si, immersa nella meravigliosa e forse irripetibile esaltazione di quell'epoca, riesce a trasmetterci un'emozione che non sia soltanto patina, a fondersi nell'estetica di Kerouac. La straordinaria libertà del be-bop nascente, la pulsione cosi istintiva e immediata della musica di Charlie Parker e Dizzy Gillespie che alimenta in continuità il sottofondo (oltre alla presenza live - avviso agli amatori - di gente come Charlie Haden e Slim Gaillard) costituisce il piacere più autentico che il film è in grado di offrire.


   Il film in Internet (Google)

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